IL SECONDO '900

 

IL SECONDO '900


Karin Boye KALLOCAINA. IL SIERO DELLA VERITA’ 1940

 Kallocaina è un romanzo distopico scritto dalla scrittrice svedese  Karin Boye nel 1940. Ambientato in una nazione chiamata lo Stato Mondiale, la storia si svolge in una società guidata da un regime totalitario. È un esempio emblematico della reazione degli intellettuali occidentali all’esperienza sovietica, interpretata come una invadenza intollerabile dello Stato sulla libertà individuale. Su questa lunghezza d’onda troviamo anche le opere di Orwell o di Huxley.

La società immaginata da Boye è appunto una società oppressiva e umiliante, che cerca in ogni modo di ottenere il controllo assoluto sui cittadini i quali sono costantemente monitorati e devono servire lo Stato e obbedire senza mai sollevare dubbi o perplessità. Ogni spostamento e ogni incontro devono essere preventivamente segnalati e autorizzati.

 Il protagonista è Leo Kall, uno scienziato chimico sposato e padre di tre figli che di giorno opera come ricercatore e di sera è costretto a svolgere il servizio militare.

Leo Kall inventa un siero chiamato Kallocaina, che è in grado di indurre le persone a dire la verità senza limitazioni o reticenze. Si spera così non solo di ottenere la confessione da parte dei delinquenti ma anche di controllare i pensieri più reconditi dei cittadini.  Il siero, dunque, viene utilizzato dallo Stato per mantenere il controllo sulla popolazione e garantire sicurezza e stabilità. Tuttavia, esso mette in discussione la privacy e la libertà individuale.

“Capiamo e approviamo – scrive Boye - che lo Stato è tutto, il singolo niente. Capiamo e ci inchiniamo perché la maggior parte di ciò che chiamiamo “cultura” – escludendo le conoscenze tecniche – è un lusso da lasciare ai tempi senza pericoli incombenti (tempi che magari non torneranno neanche più). Quel che resta è l’istinto di conservazione, e il conseguente bisogno di un sistema militare e poliziesco sempre più sviluppato. Questa è l’essenza dell’esistenza dello Stato. Tutto il resto è marginale.” (127)

La trama si sviluppa quando Leo Kall inizia a dubitare del sistema in cui vive e a interrogarsi sulle conseguenze della sua stessa invenzione. Soprattutto quando costringe anche la moglie ad assumerla e si trova così di fronte a un inquietante problema di coscienza. 

Attraverso il suo personaggio, il libro esplora temi come la libertà individuale, la manipolazione del potere e la ricerca della verità. Certo non si tratta di un romanzo ricco di azione o di colpi di scena, anzi il lettore deve affrontare lunghe discussioni, e pagine riflessive decisamente lente. Tuttavia il romanzo se inquadrato nel suo tempo e nel suo contesto risulta sicuramente utile per comprendere un aspetto importante della distopia nel XX secolo, quella suscitata  dal rapporto con le società totalitarie.

 

 

George Orwell  1984  (1949)

 1984, di George Orwell, pubblicato nel 1949, rappresenta uno dei modelli della letteratura distopica del ‘900. La storia è ambientata in un futuro prossimo, precisamente nel 1984, in un mondo diviso in tre super-stati totalitari: Oceania, Eurasia ed Estasia.Il protagonista, Winston Smith, vive a Londra, capitale dell’Oceania, governata dal Partito unico sotto la guida del misterioso Grande Fratello. La società è caratterizzata da un controllo totale e costante sulla vita dei cittadini, grazie a teleschermi che trasmettono propaganda e sorvegliano ogni movimento.

Winston lavora al Ministero della Verità, dove il suo compito è riscrivere la storia per allinearla alla propaganda del Partito. Nonostante il controllo oppressivo, Winston inizia a nutrire dubbi sul regime e decide di ribellarsi. Incontra Julia, una collega con cui inizia una relazione clandestina, e insieme cercano di opporsi al sistema. La loro ribellione, tuttavia, viene scoperta, e Winston viene arrestato e sottoposto a tortura e lavaggio del cervello al Ministero dell’Amore. Alla fine, Winston viene costretto a rinunciare ai suoi ideali e ad accettare l’autorità del Grande Fratello.

Il romanzo nasce come una critica feroce allo stalinismo. Ma è sopravvissuto alla fine dello stalinismo perché, al di là delle intenzioni dell’autore, rieasce a darci uno spaccato della situazione contemporanea. Ove però il nemico oppressivo non è più il “potere”, lo “stato”, ma bensì il potere economico, le grandi multinazionali , il sistema informativo, che è parte del sistema economico. Il grande fratello di oggi, colui che muta il linguaggio per addomesticare il pubblico e convincerlo anche dell’impossibile, sono i social, e in generale tutte le aziende che usano il pubblico trasformandolo in merce.  In questo senso il romanzo di Orwell ha ancora una straordinaria attualità.

 

Theodor Sturgeon  CRISTALLI SOGNANTI   1950

 Theodor Sturgeon è uno dei grandi scrittori dell’epoca d’oro della fantascienza americana. Noto anche per alcune frasi celebri spesso citate a vanvera; una, la più cinica è quella secondo cui “il novanta per cento di tutto è spazzatura”. Ma Al di là di questo Sturgeon è uno scrittore di qualità. E “Cristalli sognanti” (del 1950) è un romanzo molto ben scritto e capace di catturare il lettore dalla prima all’ultima pagina.

 Il romanzo racconta la storia di Horty, che a 8 anni fugge dalla casa dei genitori adottivi e viene accolto presso il luna park di Pierre Monetre detto il Cannibale. Monetre cova un grande odio per l’umanità e nutre una forte ossessione verso una forma di vita aliena dotata di grandi poteri: i cristalli. Essi sono in grado di duplicare e creare la vita attraverso i loro sogni. Monetre da tempo esegue esperimenti mentali su di essi, cercando di forzarli a creare oggetti, esseri, strani mutanti. Ma al contempo rendendosi conto della difficoltà che incontra è alla disperata ricerca di un “intermediario”, un essere di forma umana che gli permetta di ordinare loro di distruggere il genere umano. Zena, una nana del luna park che conosce le intenzioni di Monetre, intuendo che il piccolo Horty è proprio lui il “figlio” dei cristalli - lo traveste da nana e lo fa chiamare Hortense. Horty si scopre possedere poteri sovraumani di rigenerazione (gli ricrescono le dita della mano), ed è in grado di assumere in pochi giorni le sembianze di qualsiasi altro essere. Ma  Zena teme che Monetre possa scoprirlo, e quindi lo spinge a fuggire dal luna park. Horty decide di vendicarsi del patrigno, il giudice Bluett che lo maltrattava da piccolo. Horty scopre che Bluett da tempo cerca di ricattare Kay, una ragazza del paese, sua amica di infanzia, per ottenere favori sessuali. La ragazza sta per ereditare dai genitori morti e il giudice potrebbe farle bloccare l’esecuzione testamentaria. Horty riesce intelligentemente a salvare la ragazza dalle molestie del vecchio patrigno e a vendicarsene. Ma il fatto mette in moto una complicata serie di vicende che portano al suo smascheramento da parte di Monetre. Non sveleremo il finale molto trascinante.

 Chi conosca i romanzi di Philip Dick troverà in queste pagine lo stesso gusto per i personaggi assurdi e imprevedibili, dotati di qualità straordinarie ma al contempo segnati dal marchio della sventura. Così come del tutto insolito è il ruolo dei cristalli, forse sono alieni, ma di essi non si sa praticamente nulla e restano dall’inizio alla fine sullo sfondo della vicenda. Indimenticabili i personaggi del circo, soprattutto la nana Zena con il suo carico di umanità in un mondo disumano.

In un ambiente culturale dominato da una fantascienza galattica e affascinato dalle avventure dello spazio, Sturgeon ci propone la fantascienza surreale dei cristalli che vivono da milioni di anni sulla terra, sognando e creando, del tutto indifferenti alle vicende umane, privi di una scopo e di un obiettivo che non sia quello della pura creazione. Allo stesso tempo compare una delle questioni più moderne invece della fantascienza di oggi, cioè quella della comunicazione con esseri di natura totalmente differente da quella umana. L’idea che il medium della comunicazione sia nel puro pensiero o addirittura nella dimensione del sogno apre scenari ancora tutti da percorrere.

 

 

Clifford Simak  OLTRE OL'INVISIBILE  1951

 Oltre l’invisibile di Clifford Simak è un romanzo complesso e a tratti oscuro, ma innegabilmente ricco di fascino. D’altra parte una certa fumosità è inevitabile quando si mettono in gioco i paradossi del tempo. Il libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1951 con il titolo di Time & Again, enigmatico ma più coerente con la trama.

Il presente è quello del IX millennio, epoca in cui umani e androidi sono in procinto di completare la conquista dell’intera galassia.

Un esploratore, Asher Sutton, è precipitato sul pianeta 61 Cygni, ed è stato dato per morto. In realtà i cygnani l’hanno salvato fornendogli un secondo corpo che gli consente di possedere poteri straordinari che egli stesso scopre un po’ alla volta.

Sutton torna misteriosamente, a bordo di una astronave danneggiata, dopo vent’anni terrestri, ma si trova inseguito da molti che gli danno inspiegabilmente una caccia spietata.

Le complicate vicende del protagonista ruotano intorno ad alcuni snodi narrativi: una lettera di un suo antenato che Sutton ritrova casualmente (ma il caso esiste?); un libro che egli ha scritto nel suo tempo e che sembra avere il potere di cambiare il destino del mondo; un interlocutore invisibile interno; una lotta tra fazioni che si snoda nello spazio e nel tempo, e che coinvolge anche varie generazioni di androidi.

Egli torna indietro nel tempo per ritrovare l'antenato della lettera, con l'intenzione di cambiare lo sviluppo del tempo, ma senza riuscirci. D'altra parte il libro che alcuni vogliono distruggere mentre altri vorrebbero impossessarsene, risulta scritto in una lingua privata che nessuno saprebbe leggere ma che, sembra, potrebbe garantire tre cose all'umanità "Ricchezza, potere e conoscenza. La ricchezza, il potere e la conoscenza dell’universo. Soltanto per l’uomo s'intende. Per una sola specie." (259) Su questo Simak insiste molto, cioè sulla volontà dell'uomo di essere padrone del proprio destino e di imporlo a livello universale, al di sopra di tutte le altre razze e specie animali. Un sogno imperialista. Una niciana volontà di potenza indirizzata all’intero universo.

In realtà tutti questi spunti sono di continuo proposti e poi interrotti, nessuno di essi trova veramente una conclusione o una spiegazione. Per cui la trama nel suo complesso resta molto ambigua e irrisolta, ma allo stesso tempo Simak, si abbandona spesso a pagine di natura lirica, a descrizioni appassionate. Alla fine si resta un po’ delusi perché troppe domande restano senza risposta ma al contempo non si può che restare ammirati dalla quantità di formidabili spunti narrativi concentrati in queste pagine. Molti li ritroveremo ad esempio qualche anno dopo nei romanzi di Philip Dick. 

 

 Clifford Simak  WAY STATION 1963

Il romanzo Way Station di Clifford Simack (1963) non è facile da raccontare, perché la trama è esile, ma il testo è davvero molto denso e ricco di suggestioni.

Il protagonista è un umano che da oltre 100 anni ha il compito di gestire la stazione di transito attraverso la quale passano ogni giorno numerosi passeggeri alieni in viaggio per il cosmo. Solitario, in una casetta nel bosco, che ha l'aspetto di una catapecchia ma in realtà è un bunker inespugnabile, il protagonista raccoglie gli stranieri con affabilità e interesse, accumulando i doni dei suoi ospiti anche quando non ne comprende il significato e la funzione. Con alcune di essi instaura un colloquio come se si trattasse di amici. Finché resta all'interno della Stazione il tempo per lui si ferma e quindi non invecchia, appunto proprio questo lo rende sospetto e la CIA comincia a controllarlo. Egli tiene con molta cura un diario nel quale appunta tra l’altro le sue  riflessioni in merito allo stato della Terra che egli sa essere molto vicina ad una guerra devastante. Non dimentichiamo che il romanzo è stato scritto nel 1963 cioè nel pieno della guerra fredda
Il protagonista deve dunque confrontarsi con due prospettive opposte contrastanti, da un lato la pluralità dei mondi alieni, e l'unità della galassia, dall'altra la prospettiva umana della guerra alla quale i terrestri non hanno saputo rinunciare.
Tuttavia le cose si complicano quando il corpo di un alieno morto nella sua stazione, e che egli ha seppellito, viene trafugato. Molti nella galassia cominciano a pensare che la terra sia un luogo inaffidabile e barbaro. Comincia dunque anche a livello galattico una tensione che potrebbe portare a scelte diverse: la sua stazione potrebbe essere abbandonata e gli alieni dirigersi verso altri luoghi dell'universo. Soltanto un oggetto potrebbe impedire tutto questo il Talismano, un meccanismo capace di mettere in contatto con lo spirito dell'universo, straordinaria forza pacificatrice.
 Ma il talismano è stato rubato e soprattutto necessita per funzionare di un Custode capace di instaurare un legame, appunto, spirituale con esso.
Il protagonista si trova per caso a difendere una povera ragazzina sordomuta dalla violenza del padre. Sarà proprio lei, alla fine, a presentarsi come il Custode prescelto e riportare la pace in terra e nella galassia riattivando il Talismano.

Questo bellissimo romanzo, secondo me, va letto prima di tutto come un inno alla diversità, il protagonista, infatti, anche di fronte ad esseri orrendi, infinitamente diversi dalla parvenza umana, non esprime mai né disgusto né rifiuto. Accoglie gli alieni e di volta in volta cerca di cogliere nei suoi ospiti gli aspetti più interessanti. Egli si sforza di studiare le lingue degli alieni perché ha capito che il segreto è poter comunicare:  nella comunicazione c'è la chiave della diversità e della convivenza. Certo ognuno ha il suo modo di comunicare, talvolta modi efficaci altre volte equivoci e difficili da interpretare.
Non è un caso che il personaggio risolutore sia una povera sordomuta, cioè qualcuno che per comunicare deve usare modalità diverse da quelle alle quali siamo abituati.
Way Station è un romanzo che io ho trovato appassionante fin dalle prime pagine e che alla fine ti costringe a riflettere su temi quali la diversità, la guerra, la coesistenza pacifica. Superando i luoghi comuni che vedono negli alieni dei nemici pericolosi o dei barbari da colonizzare.
L'idea chiave dell’autore è quella dello Stato universale, in cui la pluralità sia accomunata in una condizione di pace, di collaborazione, di coesistenza. Un sogno? Un’ utopia? Una speranza? Una possibilità? Questioni ancora terribilmente attuali.


  

Arthur C. Clarke, LE SABBIE DI MARTE  1951

 Pubblicato nel 1951, cioè ben dieci anni  prima di Jurij Gagarin, questo bellissimo romanzo di Clarke rappresenta una delle testimonianze più eminenti della cosiddetta fantascienza classica, non a caso fu usata in Italia per dare inizio alla gloriosa collana Urania.

La chiave del romanzo è certo racchiusa nella descrizione dei voli spaziali, della colonizzazione del pianeta Marte e del primo tentativo di “terraformazione”.

Il protagonista è uno scrittore e giornalista Martin Gibson, che inviato a partecipare per un reportage, al viaggio inaugurale dell'astronave "Ares" - prima nave di linea regolare fra la Terra e Marte, finisce per restare affascinato dal pianeta e da tutto ciò che vi si sta realizzando.

Marte si presenta in modo assai diverso da come le sonde ce lo hanno mostrato veramente in seguito, qui è un pianeta verde, anche se le piante sono molto particolare per via della mancanza di atmosfera, i coloni vivono sotto delle strutture protette, ma per uscire usano solo una maschera per l’ossigeno.

Gibson incontrerà tra gli altri un giovane simpatico che poi scoprirà essere suo figlio, e che rappresenta in un certo senso il futuro della colonia marziana.

La verosimiglianza di tutto l’apparato tecnologico raccontato in questo romanzo è semplicemente stupefacente e mostra benissimo l’attenzione che Clarke mette in tutte le sue opere alla dimensione tecnica e scientifica. D’altra parte sappiamo bene quanto egli rappresenti l’entusiasmo americano, li sogno della conquista pacifica e produttiva dell’universo compiuto nel nome di una scienza che in definitiva  sempre buona, sempre dalla parte del progresso e degli uomini.

Qui incontriamo un grande progetto chiamato Progetto Aurora che è niente meno che il tentativo di trasformare una delle lune di Marte in un piccolo sole artificiale (attraverso bombardamenti nucleari) in modo da modificare l’ambiente marziano, rendendo possibile la diffusione di piante in grado di produrre ossigeno dalle sabbie. L’esperimento riesce  così il pianeta si avvia ad una nuova vita, per i coloni che lo abitano ma anche per una piccolissima popolazione animale, una specie di canguri discretamente intelligenti e pacifici che il protagonista ha scoperto per caso. 

Lo sguardo di Clarke è costantemente rivolto verso un futuro possibile, di cui la fantascienza rappresenta solo l’anticipazione razionale. Non stupisce allora che  la narrazione avvenga con uno stile costantemente asciutto, descrittivo, realistico, senza troppi fronzoli, e sempre molto accattivante. Si tratta per l’autore di mostrare il possibile non di costruire mondi nuovi immaginari e strabilianti, ma piuttosto di mostrale quali possibilità cu riservano la tecnica e la scienza, se solo riservassimo loro tutta l’attenzione cui hanno diritto. È un mondo di scienziati quello di Clarke dove lo scrittore, ha in fondo il compito del cronista.

Oggi la fantascienza ottimistica e senza problemi di Clarke forse ha fatto il suo tempo, ma di sicuro resta inalterato il piacere della lettura che questo romanzo sa regalare al lettore.


 

Arthur C. Clarke, Le guide del tramonto  1953

 Il romanzo di Arthur C. Clarke, l’autore di 2001 Odissea nello spazio, è un grande classico della letteratura apocalittica. Ambientata alla fine del XX secolola storia immagina l’arrivo degli alieni, tuttavia la narrazione non indulge tanto sulla sorpresa, quanto piuttosto sul singolare comportamento dei Superni, così vengono chiamati (“overlords" nell'originale inglese), i quali per decenni infatti rifiutano di farsi vedere e mantengono i contatti tramite dei colloqui tra Karellen, l’alieno controllore generale e il segretario generale delle nazioni unite. Finalmente dopo cinquant'anni gli alieni si fanno vedere, ed ecco la sorpresa agghiacciante: hanno l’aspetto di grandi diavoli, con le ali e le corna sulla testa. 

Liberata dalla guerra e ricondotta a una unica sovranità la terra si avvia intanto a un periodo di benessere, di ricchezza, di superamento di tutti i conflitti. Unica seria limitazione imposta dai superni: il divieto di viaggiare nel cosmo. 

La narrazione si sviluppa attraverso varie fasi tra loro separate da molti decenni. Si narra allora di un astuto viaggiatore che riesce a infilarsi  in una nave aliena e a far visita al pianeta d'origine dei Superni. Anche se non potrà tornare prima di ottanta anni terrestri. 

Nella parte finale veniamo a conoscere le vicende di una famiglia che vive in una zona particolarmente felice del pianeta, l’isola chiamata Atene, dove sono esaltate le arti e la creatività. I due figli della coppia sembrano però manifestare nel tempo strane facoltà. Veniamo dunque a scoprire che i Superni conoscono il destino dell'umanità, ed è un destino tragico. Gli adulti sono segnati, solo i bambini che manifestano capacità paranormali avranno la possibilità di sopravvivere fondendosi in qualche modo con la Super Mente che è il vero signore di tutti, anche dei Superni. I quali lasceranno la terra ormai annientata, alla ricerca di altri luoghi e altre civiltà. 

 Il romanzo risale al 1953, ma sulla base di un racconto già uscito nel 1950. A detta di molti è il suo romanzo più bello, anche se oscurato nella fama da 2001 Odissea nello spazio per via della trasposizione cinematografica. Siamo veramente agli albori  della fase della fantascienza americana centrata sulla conquista dello spazio ma contiene figure e situazioni che poi saranno ampiamente riprese da altri autori, sia nella letteratura che nel cinema. Ma la cosa che a me risulta più potente è la visione  di cui l’autore riesce a farci testimoni: la visione di un destino comune all’intera umanità, non più divisa, ma unita quanto meno dall'appartenenza dell’umanità ad un destino cosmico più alto al quale non ci si può sottrarre. Il finale oscuro e tragico per l’umanità non è riscattato da nessun elemento positivo o di speranza. Certo alla fine il lettore non può che porsi le grandi domande della metafisica: perché esistiamo? Qual è il nostro destino? Qual è il nostro rapporto con l’Universo. Clarke non ha la pretesa di rispondere, e forse le risposte semplicemente non esistono, ma questo è un altro tema, però ci mostra attraverso la narrazione che un destino comune all’universo esiste e l’umanità ne è parte, sta a noi scoprire quale sia.

Un’ultima considerazione. Clarke oltre che scrittore è scienziato e tecnico, tuttavia qui ci fa vedere in azione forze che la scienza non conosce e non sa comprendere. Ancora senza pretendere di dare risposte impossibili, ci fa intravedere un mondo di cui appena riusciamo a sfiorare la realtà: l’energia misteriosa del pensiero quando esso si articoli in una pluralità, quando si elevi dalla semplice individualità personale. I fanciulli speciali che appaiono alla fine del libro, infatti, hanno perso ogni individualità e sono diventati parte di una energia più alta in grado però di modificare la gravità della terra, di spostare l’assetto della Luna e via dicendo.

 

 

Arthur C. Clarke, 2010: ODISSEA DUE  1982

 Non molti sanno che nel 1982  A. Clarke scrisse un seguito al fortunatissimo 2001 Odissea nello spazio, romanzo nato come sceneggiatura per il film di Stanley Kubrick (1968), col titolo 2010: Odissea due, a questo faranno seguito 2061: Odissea tre (1987) e infine 3001: Odissea finale (1997). È innegabile che l’originalità del primo atto trovi poche conferme in quelli successivi. Ciò non toglie che da questa saga sia ora in produzione una serie televisiva prodotta nientemeno che da Ridley Scott per il canale Syfy.

Ma restiamo a 2010: Odissea due, che a mio avviso resta lo sviluppo più interessante e più ispirato. Clarke in generale ha il merito di una scrittura sempre molto limpida e diretta, senza tanti fronzoli anche quando affronta temi piuttosto oscuri. 2010 è la continuazione diretta del precedente 2001. Nove anni dopo la tragedia della Discovery il cui equipaggio, ricordiamo, è stato eliminato dal computer di bordo Hal 9000 letteralmente impazzito, una spedizione, a bordo della Leonov, viene inviata per recuperare i resti della navicella e far luce sul mistero che ha dato vita all’avventura del romanzo precedente, ovvero l’apparizione di un monolite sulla superficie lunare, e sul suo gemello scoperto su una luna di Giove, Europa.

Un equipaggio misto russo-americano è incaricato dell’operazione. Attraverso complicate manovre riescono a raggiungere la Discovery e lo scienziato che ha creato l’IA di Hal 9000 comincia a rimetterlo in funzione.

Tuttavia s’inserisce nella vicenda lo “spirito” di David Bowman comandante della spedizione precedente che, assorbito dal monolite, ha perso ogni consistenza materiale e sopravvive nella forma di pura energia. Egli riesce  a mettere sull’avviso l’equipaggio della Leonov perché un grande pericolo è imminente. E li invita a lasciare l’orbita di Giove e a tornare immediatamente sulla Terra. Così fanno, appena in tempo prima che il monolite cominci a moltiplicarsi e a fagocitare il pianeta Giove trasformandolo in una nuova stella che illuminerà la Terra togliendole per sempre la notte.

 

In questo secondo atto Clarke sente la necessità di chiarire alcuno aspetti rimasti oscuri soprattutto nel film, molto più noto del  relativo romanzo. Per esempio il motivo per cui Hal 9000 ha fatto strage del suo equipaggio, dovuto ad un contrasto irrisolvibile tra la necessità di portare a termine la propria missione relativa al monolite e l’ordine di mantenere il segreto con i membri dell’equipaggio, oppure la natura del misterioso monolite che appare qui chiaramente come una forma di vita aliena non benevola. Ma certamente quello che emerge più evidente in 2010 è la prospettiva epocale molto più ampia. Qui si profila un catastrofico futuro per il pianeta Terra e per il sistema solare, e le suggestioni psicologiche forti in 2001 trovano una spiegazione pseudorazionale (la trasformazione in forma di energia come superamento della morte del corpo). C’è sullo sfondo il passaggio culturale fra gli anni ’60, epoca germinale ed entusiasmante dei viaggi nel cosmo, e gli anni ’80, in cui l’epopea spaziale ha perso molto del suo fascino e ha fatto emergere le prime contraddizioni nello sviluppo della civiltà umana. 

 

John Christopher  LA MORTE DELL'ERBA 1956

 La morte dell’erba è un grande, imperdibile, romanzo di John Christopher, pseudonimo di Samuel Youd prolifico autore inglese. Risale al 1956 ed è una delle prime opere nella quale compare l’immagine di una natura che travolge l’umanità in una apocalissi definitiva.

 

Tutto infatti ha inizio da un virus che si diffonde a partire dalla Cina (!) e distrugge l’erba, le piante graminacee, i cereali, frumento, orzo, segale, avena…, quindi anche il cibo per gli animali producendo così una drammatica carestia che coinvolge tutto il mondo. Si arriva a ipotizzare una drastica riduzione dell’umanità. Le autorità inglesi, il romanzo è ambientato in Inghilterra, progettano di bombardare molte grandi città per ridurre drasticamente la popolazione e dare così qualche chance di sopravvivenza ai pochi superstiti.

Un gruppetto di londinesi cerca di raggiungere la fattoria del fratello del protagonista, sita in un luogo ben difeso, in una valle isolata. Tutto il romanzo è costruito su questo drammatico viaggio nel corso del quale si assiste a una tragica mutazione: onesti cittadini, ligi alle leggi e moralmente ineccepibili, presi dal vortice della situazione eccezionale si trasformano per sopravvivere in spietati assassini. Le leggi morali vengono accantonate, assistiamo a scontri armati, a violenze sanguinose, “giustificate” dalla necessità della sopravvivenza.

Giunti dopo mille difficoltà alla fattoria, scoprono che i residenti non sono disposti ad accoglierli, ognuno pensa sé, ogni solidarietà è cancellata, nessuno è disposto a sacrificarsi per gli altri.  Ne segue una vera e propria battaglia per la conquista di uno degli ultimi posti sicuri.

 Il romanzo di Christopher tiene sempre il lettore in tensione ed è sicuramente molto coinvolgente. Tuttavia, vero protagonista non è la rivolta della natura come talvolta si dice, elemento certo presente ma in fondo marginale, al centro è piuttosto la debolezza umana, la fragilità dei suoi valori, l’egoismo di chi è disposto a tutto per sopravvivere. E soprattutto la fragilità delle istituzioni che non appaiono in grado di affrontare le situazioni veramente difficili, lasciando ai singoli individui il compito della sopravvivenza. Il lettore è colpito soprattutto dalla trasformazione dei personaggi: come le persone per bene messe alla prova della situazione estrema possano far emergere tutti gli istinti peggiori, questo è veramente inquietante, perché significa che non possiamo fidarci di nessuno, neanche di noi stessi.

Non so se sia veramente così, ma lo temo.

 

Fred Hoyle LA NUVOLA NERA 1957

Fred Hoyle (1915-2001) è stato un fisico di altissimo livello. A lui si deve l’espressione Big Bang – anche se usata in modo polemico - per alludere al punto iniziale dell’universo. Lui però sosteneva la teoria, oggi abbandonata,  di un universo statico ed eterno.  Come scrittore si fece notare perché mise la sua enorme competenza scientifica al servizio di una immaginazione molto vivace. Segnalo tra gli altri un testo fortunato che è diventato in Italia uno dei primissimi  sceneggiati televisivi di fantascienza: A come Andromeda (1962). Ora vorrei presentare il romanzo La Nuvola nera del 1957.

Siamo nel 1964. L’osservatorio di Monte Palomar scopre che una immensa nuvola nera si sta avvicinando rapidamente al sistema solare. Il suo avvicinamento alla Terra rappresenta una seria minaccia per l'umanità, che si trova di fronte alla prospettiva di una totale estinzione.

Un team di scienziati, si riunisce freneticamente per cercare di scongiurare la catastrofe.  Sorgono molti contrasti tra gli scienziati e il mondo dei politici sul modo in cui affrontare il pericolo.

Il colpo di scena accade quando  La nuvola, si rivela un'entità intelligente programmata per assorbire l'energia di cui ha bisogno dalle stelle  che incontra.

La notizia dell'imminente arrivo della Nuvola scatena il panico tra la popolazione mondiale. I governi, inizialmente increduli e restii a rivelare la verità, si trovano a dover gestire la crisi e mantenere l'ordine pubblico.

Si creano tensioni tra chi vorrebbe tentare un contatto pacifico con la Nuvola e chi invece propugna un attacco preventivo. Emergono figure eroiche e idealiste, o ciniche e disilluse.

Il destino dell'umanità è appeso a un filo. Dapprima il contatto con la nuvola provoca temperature altissime, poi  il sole viene oscurato e quindi ne consegue una glaciazione per tutto il pianeta.

Gli scienziati tuttavia trovano il modo per comunicare con la Nuvola. Essa spiega la sua natura di intelligenza senza corpo, profondamente diversa da quella umana, tuttavia ogni tentativo di spiegare i grandi segreti dell’universo naufraga per la insufficienza del linguaggio umano attraverso cui avviene il colloquio. L’autore sembra realizzare in forma romanzesca il decisivo motto di Wittgenstein : “I limiti del nostro mondo sono i limiti del nostro linguaggio”.

I politici provano a liberarsi della Nuvola bombardandola con missili nucleari, ma la Nuvola è in grado di invertire la rotta dei missili, facendone ricadere alcuni su delle città degli Stati Uniti e della Russia.

A quel punto la situazione sembra volgere al peggio ma inaspettatamente la Nuvola riprenderà il suo cammino presa da altre incombenze lasciando il sistema solare.

La nuvola nera, oltre a essere un'opera di fantascienza ricca di suspense, offre spunti di riflessione su temi profondi come la natura dell'intelligenza extraterrestre, il destino dell'umanità e il nostro posto nel cosmo. Si caratterizza sicuramente per l'accurata descrizione scientifica: Hoyle, da esperto astronomo, infonde nel romanzo una solida base scientifica, rendendo plausibili l'avvicinamento della nuvola e le sue conseguenze. Il ritmo narrativo incalzante e la suspense mantengono il lettore con il fiato sospeso fino all'ultima pagina.

I protagonisti non sono semplici eroi o vittime, ma individui con le loro debolezze e i loro punti di forza, che si confrontano con una situazione estrema. E l’autore fa emergere con chiarezza il conflitto tra scienza e politica che al momento decisivo si rivelano inconciliabili.

Ma il romanzo stimola anche innumerevoli domande sull'etica del contatto con civiltà aliene, sul futuro dell'umanità e sul nostro posto nell'universo.

Davvero una bella lettura.

 

Frederick Pohl, PROCESSO AL DOMANI   1957

Si tratta di una raccolta di racconti legati da una sottilissima cornice nella quale si ipotizza una sorta di macchina in grado di vedere il futuro e i racconti sarebbero appunto queste visioni del futuro. In essi Friedrich Pohl esprime, come il suo solito, una vivace, divertente, critica della società americana del suo tempo ma insieme con una straordinaria capacità previsionale non priva di ironia: per esempio quando irride le pratiche mercantili legate al Natale 

“Processo domani” è dunque un romanzo di fantascienza che va ben oltre la semplice esplorazione di mondi alieni o di tecnologie futuristiche, l'autore è un maestro della satira sociale e utilizza la cornice della fantascienza per lanciare una feroce critica della società americana degli anni cinquanta con particolare attenzione ai temi del consumismo del conformismo 

Egli descrive una società che ha raggiunto un livello di benessere materiale apparentemente molto alto ma che al di sotto di questo nasconde profonde insoddisfazioni e una alienazione diffusa. Una società ossessionata dall'acquisto dei beni materiali dove il valore dell'individuo è spesso misurato in base al suo potere di acquisto.

Il romanzo di Pohl conserva una straordinaria attualità perché tutti i temi da lui appena intravisti sono diventati oggi un elemento per noi quotidiano.

Lo stile di Pohl  è ironico e tagliente, capace di ironia e parodia ma al contempo ci costringe a riflettere sulla natura umana e sul tipo di società in cui vogliamo vivere. 

 

Daniel Keyes   FIORI PER ALGERNON  1959

 E' uscito nel 1959 ma è fresco come fosse stato scritto oggi. Il romanzo di Daniel Keyes resta un modello che ha avuto pochi imitatori, e questa forse è proprio la sua dote migliore. Non sarebbe stato facile d'altra parte raggiungere la profondità d'analisi interiore che si sviluppa in queste pagine, e la capacità di scandagliare la trasformazione di un cervello e di un corpo, di una persona che da povero demente diventa un genio. Keyes stesso non è più riuscito nelle altre opere che ha scritto a raggiungere questa perfezione, e Fiori per Algernon resta il suo capolavoro e anche l'opera di una vita. Un gioiello di narrativa distopica.

 

Ray Bradbury IL POPOLO DELL'AUTUNNO 1962 

Non è facile collocare il romanzo in un genere ben definito, qui l’autore spazia dal fantastico al fantasy al surreale. Il titolo originario Something Wicked This Way Comes (Sta per accadere qualcosa di spiacevole) è ancora più enigmatico. E la trama di conseguenza non è facile da sintetizzare, o meglio qualsiasi riassunto sarà inadeguato rispetto allo sviluppo della scrittura, talvolta sognante e poetica, altre volte fredda e tagliente come una lama d’acciaio.

I protagonisti dono due ragazzini di tredici anni, Will e Jim e il padre di Will, un bibliotecario. La  vicenda è ambientata in un paesino di provincia nell'Illinois. Un giorno da un binario morto della ferrovia arriva un treno che porta uno strano circo guidato dal signor Dark, l’Uomo Illustrato, un uomo interamente tatuato, e circondato da fenomeni da baraccone: il Bevitore di Lava, L’Uomo Elettrico, il Mostro Mongolfiera, La ghigliottina del demonio, lo Scheletro, la Strega della polvere.

I ragazzi incuriositi, si avvicinano e scoprono che uno dei nuovi arrivati, è salito sulla giostra che girava al contrario, così come l’organetto suonava anch’esso a rovescio ed è magicamente ringiovanito, un anno per ogni giro di giostra.  Il signor Dark li attira regalando loro dei biglietti gratis per la giostra. I ragazzi impauriti dagli effetti della giostra e di altre attrazioni come il labirinto degli specchi, che mostra come ognuno sarà avvicinandosi alla morte, fuggono inseguiti dal signor Dark. Durante la notte una mongolfiera vola sopra le loro case, dentro il cesto una strega minacciosa, i ragazzi si difendono come possono finché riescono a bucare il pallone.

L’indomani si accorgono che il popolo dell’autunno ha trasformato l’anziana signora Faley in una bambina attirandola sulla giostra. I due ragazzi, ancora braccati dal signor Dark, cercano rifugio nella biblioteca dove il padre di Will prova a difenderli e al contempo si documenta sullo strano circo. Tuttavia i ragazzi vengono raggiunti e ipnotizzati dalla strega della polvere.  Il padre per liberarli dovrà entrare nel circo mentre è in corso uno spettacolo e parteciparvi, offrendosi di sparare alla strega che avrebbe dovuto prendere la pallottola coi denti. In realtà la pallottola è fatta di cera che si scioglie all’atto dello sparo. Il padre di Will riesce a uccidere la strega con uno stratagemma e l’intero circo sembra andare in rovina. L’arma segreta del padre è nient’altro che il sorriso, dal momento che la forza malvagia è alimentata dalla paura e dal male. Il popolo dell’autunno è sconfitto. Ma Jim è morto. Per riportarlo in vita bisognerà creare una situazione di musica, balli e risa felici. È l’antidoto a ogni veleno. I due ragazzi e il padre potranno ritornare a casa sani e salvi.

 Ingenuità, fantasia senza limitazioni, magia, c’è un po’ di tutto in questo romanzo ma c’è soprattutto il piacere assoluto della scrittura che diventa fascino puro per il lettore che decida di entrare in questo mondo imprevedibile.

La narrazione talvolta ha l’andatura di un racconto per ragazzi, ma al contempo presenta pagine più riflessive che pongono, anche se in maniera involuta, la problematica generale che sta sullo sfondo: l’alternativa tra il bene e il male, e la forza segreta, misteriosa, ma stupefacente, che entrambe le possibilità possono determinare negli uomini. Il male fa fare cose orribili, ma il bene ha la potenza di opporvisi. Ed è un insegnamento che dovremmo tenere presente soprattutto in questi tempi di guerra.

 

Aldous Huxley  L'ISOLA 1962

"L'isola" (titolo originale: Island), pubblicato nel 1962, è l'ultimo romanzo scritto da Aldous Huxley. È spesso considerato il suo lavoro più utopico, in contrapposizione al celebre Brave New World (Il mondo nuovo), che invece rappresenta una distopia. Qui Huxley immagina una società ideale basata su principi filosofici orientali, scienza illuminata, e armonia tra uomo e natura.

Il protagonista, Will Farnaby, è un giornalista e agente commerciale britannico che naufraga sull'isola immaginaria di Pala, un'utopia pacifica e fiorente da 120 anni nell'Oceano Pacifico. Inizialmente la sua missione è infiltrarsi nella società isolana per favorire interessi economici esterni (petroliferi). Tuttavia, durante la sua permanenza, Will entra in contatto con la straordinaria cultura di Pala, una società che ha saputo integrare scienza, spiritualità (soprattutto buddhismo e meditazione), educazione non repressiva e uso consapevole di sostanze psichedeliche per la crescita personale.

La comunità di Pala è organizzata in modo cooperativo e pone l'accento sull'autorealizzazione, sulla gestione consapevole delle emozioni e su un'educazione aperta e libera. Gli abitanti usano un fungo allucinogeno chiamato moksha-medicina per esperienze mistiche e introspezione.

A Pala, i bambini vengono educati con consapevolezza, imparando a concentrarsi sul presente ("attenzione") e a comprendere la natura transitoria della vita. La filosofia dell'isola enfatizza la crescita personale, la comunità, e un rapporto equilibrato con la tecnologia e l'ambiente. Pratiche come la mindfulness, l'ipnosi per alleviare il dolore, l'uso rituale di una droga psichedelica chiamata "moksha-medicina" per ampliare la percezione, e un approccio integrato alla sessualità e alla riproduzione fanno parte della loro vita. La sessualità e la famiglia sono aperte, la vita media è più lunga, si rifiuta ogni illusione papista o marxista di un’altra vita, non vi sono né capitalisti né comunisti né industrializzazione integrale (cosa che hanno in comune), l’ipnosi è usata come metodo di anestesia, tutti sono bilingue (palanese e inglese), gli intellettuali svolgono anche attività manuali, non vi sono banche commerciali ma solo credito cooperativo, c’è un rigido controllo delle nascite, falliti, criminali e tiranni vengono curati da piccoli per la sindrome di Peter Pan,l’alpinismo è obbligatorio come forma educativa, si applica una forma di eugenetica e si pratica la fecondazione artificiale, la formula della società di Pala: “L’elettricità meno l’industria pesante più il controllo delle nascite è uguale alla democrazia e all’abbondanza:” (167)

 

Will, inizialmente scettico e cinico, viene gradualmente trasformato dal contatto con la filosofia palanese. Tuttavia, il finale del romanzo è amaro: i principi pacifici di Pala vengono minacciati da forze esterne (capeggiate da un giovane principe alleato con multinazionali) che vogliono sfruttare le risorse dell’isola.

L'utopia di Pala è minacciata dal mondo esterno. Le mire economiche e politiche di paesi vicini, guidate dalla brama di potere e risorse, si fanno sempre più pressanti. Il romanzo si conclude con l'invasione dell'isola, suggerendo la fragilità di un'esistenza pacifica di fronte alla cupidigia e alla violenza del mondo moderno. Nonostante la tragica fine dell'isola, il libro lascia un messaggio di speranza nel "fatto dell'illuminazione" che persiste anche nell'oscurità.

"L'isola" rappresenta il testamento filosofico di Huxley: un tentativo di proporre un modello alternativo al mondo moderno, basato su equilibrio, consapevolezza e armonia interiore."L'isola" è un'esplorazione delle potenzialità umane per creare una società illuminata, un contrasto con la distopia descritta in "Il mondo nuovo" dello stesso autore, e un ammonimento sulla vulnerabilità di tali ideali nel mondo reale.

 

Roberto Vacca, Il ROBOT E IL MINOTAURO 1963

 È stato il primo in Italia a presentarsi come “futurologo”. Gli dobbiamo un libro innovativo e antesignano per la nostra cultura, Medioevo Prossimo Venturo (1971). È Roberto Vacca (nato nel 1927) un ingegnere, matematico, divulgatore scientifico, scrittore e accademico che si è divertito anche con la scrittura creativa. In particolare vorrei segnalare oggi il suo primo romanzo Il Robot e il Minotauro (1963). Un’opera originale e forse un po’ sottovalutata per via del nostro provincialismo che, soprattutto negli anni ’60-’70 esaltava la letteratura fantascientifica di matrice americana e snobbava quella autoctona come letteratura di seconda serie.

Il romanzo vede protagonista Mino Dauro – palese e voluta l’assonanza con il mitico Minotauro, l’essere ibrido parte umano, parte animale – uno scienziato che riesce a trasformare il proprio cervello in un calcolatore elettronico, anzi il più potente calcolatore, superiore a qualsiasi altra macchina, proprio perché in parte composto di materia cerebrale. Tuttavia emerge una difficoltà: la velocità di elaborazione è infinitamente superiore a quella di traduzione vocale dei risultati, e allora escogita una soluzione estrema: si fa innestare nel braccio una morsettiera che gli consente di collegarsi direttamente con una telescrivente. Così il flusso di dati in uscita potrà corrispondere a quello della elaborazione.

Le sue invenzioni attirano però l’interesse di molti, si rende conto di essere in pericolo e per questo fugge in Olanda dove viene ospitato da un collega. Un altro ingegnere, Jan Boerma, che a sua volta ha inventato un Robot che ha sempre di più reazioni umane. Qui, tuttavia, scatta l’amore tra Mino Dauro e la moglie dell’amico. Il sentimento, prima per lui sconosciuto, provoca un guasto al cervello-computer che Mino cerca di risolvere con l’aiuto di uno psicoanalista.

A questo punto avviene la svolta finale, che non anticipo, ma il suo senso è che Mino Dauro ha ormai avviato un processo di ibridazione irreversibile e la psiche profonda non può che risentirne.

Incredibile l’originalità di temi che emergono, siano negli anni ’60, non dimentichiamolo: quello del rapporto umano-macchina, contrapposto all’altro della macchina umanizzata. Quello del cyborg, quello del rapporto tra cultura cibernetica e cultura emozionale.

Roberto Vacca, con leggerezza e una buona dose di ironia, mette sul tavolo le problematiche che oggi occupano molta parte della letteratura di fantascienza ma anche della saggistica contemporanea, ormai angosciosamente rivolta all’indagine sul futuro che ci attende. Con una scrittura leggera e immediata, uno stile per niente pedante o professorale, anticipa figure e temi che appartengono alla nostra quotidianità. E non smettono di porci domande alle quali non sappiamo ancora bene come rispondere.

 

 Michael Crichton ANDROMEDA   1969

Andromeda (The Andromeda Strain) è un romanzo thriller fantascientifico apocalittico del 1969 dello scrittore statunitense Michael Crichton.

Il romanzo di Crichton ci catapulta in un'atmosfera di suspense e mistero, dove la scienza si scontra con l'ignoto. La trama si incentra su un evento apparentemente banale: il rientro sulla Terra di un piccolo satellite, lo Scoop. L'atterraggio del satellite in un remoto paesino dell'Arizona ha conseguenze devastanti. Quasi tutti gli abitanti muoiono in circostanze misteriose, lasciando solo due sopravvissuti: un anziano e un neonato. Il governo degli Stati Uniti, di fronte a questa catastrofe, attiva immediatamente il "Project Wildfire", un protocollo top secret di risposta alle emergenze biologiche. Un team di scienziati di punta viene convocato in una base segreta per studiare il misterioso agente patogeno, battezzato "Andromeda". I ricercatori si trovano di fronte a una sfida senza precedenti. L'Andromeda è una forma di vita aliena, un organismo mai visto prima, capace di mutare e adattarsi con una velocità sorprendente. La minaccia di una pandemia globale incombe, e gli scienziati devono lavorare in fretta per trovare un antidoto e contenere la diffusione del patogeno.

"Andromeda" è molto più di un semplice romanzo di fantascienza. Crichton, con la sua abilità nel rendere comprensibili concetti scientifici complessi, ci offre un thriller psicologico, dove la tensione è palpabile e i personaggi sono tormentati da dubbi e paure.   Il romanzo ci mostra come la scienza, pur essendo un potente strumento, possa trovarsi di fronte a enigmi insolubili. L'Andromeda, di fatto,  rappresenta la paura dell'ignoto, di ciò che non possiamo comprendere e controllare.

  "Andromeda" è considerato un caposaldo del genere, capace di appassionare sia i lettori esperti che i neofiti. La trama è ricca di colpi di scena e mantiene il lettore incollato alle pagine fino all'ultima riga. La particolarità del racconto è che esso è costruito sulla base di una completa verosimiglianza, La sospensione dell’incredulità che è la caratteristica  tipica della fantascienza si traduce qui in una vero e propria finzione di verità,  almeno all’inizio il lettore ha il dubbio che si tratti della cronaca di un fatto accaduto veramente. Crichton, da questo punto di vista è davvero un maestro!

 


Robert Henlein, Oltre l’orizzonte (1942)


Robert Henlein è uno dei migliori scrittori di fantascienza dell’epoca d’oro. In Oltre l’orizzonte (del 1942) affronta con cognizione di causa e un evidente studio preparatorio, un tema estremamente innovativo per l’epoca, quello della eugenetica.

 La storia è ambientata in un futuro dove la selezione genetica è diventata la norma per migliorare salute, longevità e intelligenza.

Il protagonista, Hamilton Felix, è il risultato di generazioni di ingegneria genetica e rappresenta quasi l’essere umano perfetto. Henlein dunque ipotizza una società futura migliorata e libera da malattie, tendenze negative, sofferenze, proprio per merito di una accurata selezione genetica. Al contempo, tuttavia si tratta di una società ultra liberista, dove portare armi per duelli è socialmente accettato, riflettendo un mondo dove l’onore e il confronto diretto sono importanti; il lavoro è facoltativo grazie a un’economia che garantisce il benessere di tutti i cittadini. Questo sistema economico avanzato elimina la necessità di lavorare per vivere, permettendo alle persone di dedicarsi a ciò che amano.

Il protagonista viene selezionato per la riproduzione, egli accetta a fatica ma pretende in cambio di avere risposta ad alcuni quesiti fondamentali dell’esistenza: in particolare quello sul senso della vita.

In realtà la domanda sul senso della vita non trova affatto una risposta, almeno da un punto di vista teorico, ma alla fine Hamilton Felix accetta il suo ruolo nella società e decide di avere figli, dando così una risposta pragmatica a una questione teoricamente irrisolvibile. Mette al mondo, dunque, due figli, un maschietto dotato di facoltà telepatiche e una femminuccia.

Durante la sua avventura in “Oltre l’orizzonte”, Hamilton Felix impara ad accettare la responsabilità personale e  capisce l’importanza del suo ruolo nel plasmare il futuro dell’umanità.

 Heinlein è uno scrittore di qualità ( si pensi, solo per fare un esempio, a opere come Fanteria dello spazio, L'invasione degli ultracorpi, Straniero in terra straniera, La luna è una severa maestra) capace di mettere in scena problematiche non  banali e di raccontarle attraverso una elegante trama di vicende e di personaggi.

 

Robert Heinlein, STARSHIP TROOPERS  1959

 Chi si avvicinasse oggi a questo grande romanzo di Robert Heinlein, Starship Troopers, in italiano Fanteria dello spazio pubblicato per la prima volta nel 1959, resterebbe probabilmente condizionato dalla visione di almeno tre pellicole che sembrano partire dal testo; in realtà l’aspetto guerresco, che nei film è prevalente, nel romanzo è decisamente secondario, a parte un paio di capitoli in cui si  accenna alla guerra con una popolazione aliena di ragni intelligenti, tutto il resto della narrazione è di fatto una sorta di romanzo di formazione del protagonista Juan "Johnny" Rico, un giovane di famiglia ricca, che sceglie di entrare nell’esercito per fare un dispetto al padre e per inseguire una ragazza, senza una vera e propria motivazione dunque, ma attraverso la durissima esperienza  del centro di addestramento reclute diviene alla fine un comandante capace e affidabile.

Se questa è la scarnissima trama, bisogna chiarire che il lungo romanzo ha in altri aspetti la sua forza. Heinlein, infatti, è capace di dar vita, a un’immagine del mondo futuro molto interessante e per molti versi anche controversa, egli infatti, ipotizza una società mutata dopo una devastante guerra mondiale, a seguito della quale il potere è stato preso di fatto da un gruppo di reduci che hanno riservato a loro stessi il diritto di voto,  e hanno instaurato una società di natura militaresca.

I fondamenti della Dichiarazione di Indipendenza degli stati Uniti sono rivisti nel senso che si stabilisce che non esistono diritti naturali che non siano una conquista per il cittadino, ognuno dunque deve meritarseli, e il teatro del merito e del demerito è prima di tutto l’esercito e la formazione militare. In questo senso Heinlein sembra stigmatizzare le debolezze dei sistemi democratici nei quali tutti pensano di avete diritto a tutto, ad essi contrappone un sistema fortemente meritocratico che distingue i cittadini in classi di meritevoli e di non meritevoli. In base a un perverso principio detto TANSTAAFL (There Ain't No Such Thing As A Free Lunch): letteralmente, "non esistono pasti gratis"; vale a dire: se vuoi qualcosa te lo devi guadagnare, non esistono diritti, solo doveri.

La tecnologia presente nel romanzo è essenzialmente quella finalizzata alla guerra: astronavi capaci di viaggi interstellari, tute potenziate che consentono al soldato di amplificare oltre ogni limite i suoi movimenti, e di applicare una forza straordinaria.

 In effetti più che di un romanzo di avventure si tratta di un romanzo di idee, caratterizzato da lunghe discussioni che dovremmo definire filosofiche tra il protagonista  e i suoi superiori o il suo insegnante di Storia e Morale.

Non ha torto a mio avviso chi ravvede in questo romanzo una sorta di apologia delle democrazie autoritarie purtroppo oggi tanto alla moda, ma credo che la ragione per leggerlo vada cercata in altro: non c’è dubbio che lo spaccato di futuro che Heinlein ci offre contiene, purtroppo, molti elementi che possiamo riconoscere già oggi, molte tensioni, molte illusioni, che caratterizzano il nostro attuale momento politico e sociale. Leggiamolo come una rappresentazione del pericolo che corriamo, non certo come una utopia da realizzare ma come una distopia da evitare.

 Il giuramento del cittadino della Federazione Terrestre: “Giuro di espletare tutti i doveri e gli obblighi, consapevole di godere di tutti i diritti e i privilegi della cittadinanza federale, tra cui il dovere, l'obbligo e il privilegio di esercitare il diritto sovrano di voto per il resto della mia vita, a meno di non venire giudicato indegno dell'onore dal verdetto finale emesso da una corte di miei pari”.

 

Robert  Heinlein  LA LUNA E' UNA SEVERA MAESTRA 1966

Grandioso affresco di una Rivoluzione, replica implicita molto evidente della Rivoluzione americana del 1776 che ha portato all’indipendenza delle colonie dalla madrepatria inglese. Non a caso il romanzo è ambientato proprio nel 2076 e la data chiave è il 4 luglio.

 Pubblicato per la prima volta nel 1966 La luna è una severa maestra è sicuramente uno dei lavori più affascinanti di Henlein. L’autore costruisce un mondo futuro nel quale la luna è stata colonizzata innanzi tutto deportandovi i galeotti che poi per effetto delle trasformazioni indotte dalla diversa gravità sono costretti a restare  per sempre sul pianeta, e costretti a lavorare per un governo terrestre chiamato Ente che li fa coltivare entro grotte scavate in profondità. Ciò che viene così prodotto viene inviato alla Terra, affamata per via della sovrappopolazione, attraverso una catapulta elettromagnetica. 

Il protagonista Manuel Garcia O'Kelly detto Mannie, un tecnico informatico, è chiamato a lavorare sul grande computer Mike che regola tutta la vita sul satellite e che a furia di sviluppi, allargamenti, aggiornamenti, ingrandimenti, ha sviluppato una forma di autocoscienza  e ha imparato a conversare amabilmente (oltre scrivere poesie ed elaborare stupide barzellette…). 

Tra Mannie e Mike si sviluppa una vera e propria amicizia. Insieme al Prof e alla bella Wyoh costituiranno il nucleo di una cellula rivoluzionaria determinata a por fine ai soprusi dell'Ente a render finalmente libera e indipendente la Luna .

Il libro infatti è la storia di una Rivoluzione in tutto e per tutto ispirata dalla storica rivoluzione che portò le 13 colonie alla liberazione dal giogo inglese e che rappresenta nell’immaginario e nella storia americane l’atto fondativo di una civiltà. La Terra naturalmente non accetta le richieste dei lunari, scoppia la guerra che viene descritta molto minuziosamente. I lunari si difendono lanciando sassi con la catapulta, che cadendo come meteoriti hanno effetti disastrosi, ma stanno ben attenti a non colpire luoghi abitati per ridurre al minimo il rischio di fare vittime e guadagnarsi così il consenso dell'opinione pubblica. 

Dopo alterne vicende e la distruzione di numerose astronavi terrestri finalmente i lunari riescono a ottenere l’agognata indipendenza e a iniziare un percorso nuovo  come società libera. 

Il romanzo di Heinlein è lungo e articolato, infatti nella prima pubblicazione italiana nella collana Urania fu diviso in due numeri distinti. Talvolta sembra eccedere nelle descrizioni, ma fa parte del gioco. L’autore vuole chiaramente rappresentare un mondo compiuto, verosimile, non pura invenzione, ma sviluppo, articolazione possibile della sua e nostra, contemporaneità. Colpisce particolarmente che pur raccontando una Rivoluzione non si lasci mai andare a proclami, apologie facili, esaltazioni di valori quali la libertà, l'indipendenza, la liberazione dallo sfruttamento. Per quanto a suo tempo qualcuno accusasse banalmente Heinlein di simpatie per il leninismo, in realtà i suoi personaggi principali sono sempre piuttosto scettici e disincantati, e non sfugga il fatto che il capo vero e proprio è in fondo proprio quel super computer che non ha alcun valore da sostenere o da riconoscere, e agisce spesso più per gioco che per convinzione ideologica. 

D’altra parte la capacità di Heinlein di affrontare i temi scottanti del nostro tempo sempre da una prospettiva obliqua o sopra le righe, è ben nota e apprezzata. È la cifra della sua scrittura. Ma è anche ciò che la rende una lettura essenziale. Per me irrinunciabile. 

 

Paolo Volponi   IL PIANETA IRRITABILE  1978

"Il pianeta irritabile" di Paolo Volponi uscì nel 1978, in un'epoca in cui era ancora vivo l'incubo nucleare e il conflitto fra le due superpotenze, ma al contempo cominciava a farsi strada fra gli intellettuali più sensibili, l'idea che vi fosse un altro nemico più sottile e più pervasivo che avrebbe potuto portare il mondo al collasso, la tecnica, e il suo supporto, le forme alienate del lavoro.

Entro questa cornice si sviluppa la storia incredibile di quattro impresentabili cavalieri dell'Apocalisse, un nano, un elefante, che è anche l'unico intellettuale della storia, un'oca e una scimmia, il capo della piccola banda, alla quale l'unico umano, cioè appunto il nano, è stato aggregato solo in qualità di animale non-umano.

I quattro. in uno scenario post apocalittico, fatto di macerie, di ceneri, di animali assurdi, si muovono alla ricerca di uno spazio, di una condizione in cui la vita torni a essere possibile, senza per altro riuscire a trovarla. Quel che è certo, però, è che il futuro sarà degli animali, e non degli uomini. I pochi che appaioono nelal narrazione sono sopravvissuti che meritano di essere sterminati.

Per chi pensa ingenuamente che la strada della distopia sia essenzialmente straniera, e anglo americana in modo particolare, questo straordinario romanzo dimostra, e non da solo, farò altri esempi, che esiste un sentiero italiano alla distopia, e non ha nulla da invidiare ai più celebri romanzi del genere. .

  

Octavia Butler LEGAMI DI SANGUE 1979

 Ci sono tanti romanzi che affrontano il tema dei viaggi nel tempo ma questo di Octavia Butler è molto particolare perché usa la struttura fantastica per raccontare una storia del tutto realistica nella quale la protagonista – che a mio modo di vedere è alter ego della scrittrice – è intimamente coinvolta.

Il presente della storia è il 1976, bicentenario della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti. Per un motivo che non svelerò (ma che va intuito perché non verrà mai spiegato apertamente) la protagonista Dana, una scrittrice di colore, si trova catapultata nel 1815 in uno stato schiavista del sud. È costretta dunque a vivere in prima persona la condizione tragica della schiavitù, con tutto il suo contenuto di violenza, di umiliazione, di ingiustizia. Dovrà accettare di essere ella stessa considerata una schiava, e quando proverà a ribellarsi sarà frustata duramente. Così proverà sulla sua pelle il peso di una realtà per lei lontana.

 Dana scopre di essere stata chiamata nel passato ogni volta che un giovane uomo bianco di nome Rufus è in pericolo di vita. Rufus è il figlio di un proprietario di piantagioni e Dana si rende conto che è suo antenato. Nel corso del romanzo Dana sviluppa un legame complesso con Rufus, che oscilla tra l'affetto e l'odio. Cerca di proteggerlo e di influenzare il corso degli eventi, ma si rende conto che ogni sua azione potrebbe avere conseguenze imprevedibili sul suo stesso futuro.

 Legami di sangue affronta temi importanti come la razza, la violenza, la libertà e l'identità. Octavia Butler esplora la complessità delle relazioni umane e il modo in cui il passato può influenzare il presente. Il romanzo offre una prospettiva unica sulla storia americana e invita il lettore a riflettere sulle ingiustizie del passato e del presente.

Aiutata dal marito, Kevin, anche lui uno scrittore ma bianco, Dana si inserisce nelle complicate familiari di Rufus e scopre che la sua antenata diretta è nata proprio da un atto di violenza del padrone bianco ai danni di una schiava.

 Il romanzo della Butler è sicuramente una grande opera letteraria, nella quale si mette in gioco non solo la complessità delle relazioni umane, ma anche la dinamica della scrittura, la sua fedeltà/infedeltà alla realtà. La protagonista scrittrice infatti si rende conto della differenza che può passare tra il descrivere una situazione tragica e il viverla: le ferite delle frustate sulla sua schiena rappresentano il confine tra verità e finzione, quel confine che ogni scrittore crede di aver ben chiaro ma che in realtà rappresenta una distanza incolmabile.

 Octavia Butler (morta nel 2006) è stata una delle poche donne afroamericane ad avere successo nel campo della fantascienza. È stata insignita di numerosi premi letterari, tra cui il premio Hugo e il premio Nebula. Legami di sangue  è il suo testo più noto, lo consiglio caldamente perché è una lettura che lascia il segno.

 

Walter Tevis d L’UOMO CHE CADDE SULLA TERRA 1963

 Il romanzo di Walter Tevis L'uomo che cadde sulla Terra (1963) rappresenta uno dei capisaldi della fantascienza americana del periodo d'oro. E riletto oggi non sembra aver perso nulla della sua capacità di coinvolgimento del lettore e della sua ricchezza di temi e di suggestioni. 

 Il romanzo narra la storia di Thomas Jerome Newton, un alieno proveniente da un pianeta morente chiamato Anthea. Il protagonista arriva sulla Terra con l'obiettivo di salvare il suo popolo in via di estinzione per le conseguenze di un conflitto atomico.

Newton dimostra un'intelligenza straordinaria e una spiccata attitudine per gli affari. Sfrutta le sue conoscenze tecniche  e diventa rapidamente un magnate nel campo dell'elettronica, accumulando una fortuna immensa grazie alle sue invenzioni rivoluzionarie.

Tuttavia, il successo e la ricchezza non portano a Newton la felicità che desidera. Si sente alienato dalla società umana e lotta contro l'alcolismo e la depressione. Incontra diverse persone che cercano di aiutarlo, ma non riesce mai a instaurare un rapporto di autentica amicizia o di amore.

 Durante il suo soggiorno sulla Terra, Newton si scontra con la corruzione, la solitudine e la disillusione. La sua natura aliena e il suo isolamento lo rendono un personaggio enigmatico e misterioso. Nel corso della storia, viene coinvolto in relazioni complicate e si scontra con le difficoltà dell'esistenza umana.

 Sono tanti i temi che emergono da questo romanzo che è dotato di un notevole spessore. Attraverso queste pagine è possibile riflettere intorno alle questioni dell’alienazione, dell’identità, della natura dell'umanità e di cosa significhi essere veramente umani.

 Ma è soprattutto il tema della ricerca di un senso di appartenenza quello che emerge prepotente. Un problema che non viene mai risolto, infatti il protagonista sente la nostalgia del proprio mondo ma, alla fine rinuncia a operare in alcun modo per tornarci, e accetta di restare in una sorta di limbo: la vita terrestre. 

Ma ci sono anche altri profili di lettura. Per esempio oggi possiamo notare come Tevis faccia emergere in modo drammatico la questione del difficile rapporto tra uomo e natura: Anthea è un pianeta ecologicamente compromesso, il che spinge Newton a riflettere sui danni che l'uomo sta causando alla Terra. In un certo senso il destino apocalittico del pianeta d’origine potrebbe anticipare la sorte del nostro stesso pianeta.

 L'uomo che cadde sulla Terra è dunque un romanzo ricco di spunti di riflessione e che continua ad essere attuale ancora oggi. È un'opera che merita di essere letta da chiunque sia interessato a una fantascienza critica, riflessiva.

 Il romanzo ha ispirato anche un film omonimo del 1976 diretto da Nicolas Roeg protagonista David Bowie, perfetta incarnazione dell'alieno.


 

Walter Tevis  SOLO IL MIMO CANTA AL LIMITARE DEL BOSCO   1980

 "Solo il mimo canta al limitare del bosco" di Walter Tavis (1980) è uno splendido romanzo che riprende la formula della distopia senza cadere nei luoghi comuni e senza ripetere stancamente immagini già ampiamente percorse da altri. La scena che vi si rappresenta è prima di tutto quella di una società in cui l'affidamento ai robot si è tramutato in una morbida servitù, e l'umanità è in via di estinzione, resa infertile dal consumo capillare di farmaci tranquillanti, e da una regola universalmente rispettata, quella della privacy, che si è tradotta però in una condizione di isolamento, di solipsismo estremo, di assenza di rapporti umani. I tre protagonisti, un robot, un uomo e una donna rappresentano i tre estremi del possibile in quella tragica condizione. Il robot così perfezionato, così simile all'umano da voler provare ciò che solo gli umani possono, ovvero il senso della morte, e i due umani che riescono invece a sottrarsi alla dipendenza dalle droghe e a romperere il muro di isolamento, nel momento in cui imparano a leggere e così possono riappropriarsi della cultura del libro e della lettura che nel frattempo era stata annientata. L'utopia banale che alla fine si afferma è quella dell'amore e della maternità, ma il libro non è banale affatto, nè celebrativo, nè ideologico. Costringe piuttosto a pensare, ed è questa la sua forza, a tutto ciò che diamo per scontato ogni volta che ci avviciniamo a un libro, o che prendiamo in mano una penna. Alla responsabilità che abbiamo come umani rispetto al presente e al futuro della nostra società.

 

Roger Zelanzny TERRA DI MUTAZIONI  1981

 

Questo romanzo ci mostra molto bene come sia facile il passaggio dalla fantascienza al fantasy. È infatti la conclusione di un ciclo dove incontriamo stregoni, elfi, maghi, incantesimi, poteri e forze misteriose e contese. Ci sono mostri sanguinosi, demoni, creature impossibili. Tutti cercano  di arrivare al Castello Incantato (non si sa bene perché, forse per rubare una oscura potenza) che si difende con gli incantesimi più strani.

Da leggere solo se amate il genere. Non è il mio caso.

 

 

Frederik Pohl   GLI ANTIMERCANTI DELLO SPAZIO  1984

Gli antimercanti dello spazio è stato scritto da Frederik Pohl nel 1984, trentanni dopo I mercanti dello spazio, di cui è un seguito indipendente. Il romanzo riprende con un maggiore competenzea personale il tema della pubblicità, e sviluppa l'ipotesi di partenza di un mondo ormai dominato interamente dalle grandi agenzie pubblicitarie in grado di decidere tanto l'economia che la politica, in grado di determinare i destini del mondo intero e non solo sulla terra ma anche sul pianeta Venere, che resta però in parte refrattario al dominio della pubblicità e sviluppa una specie di resistenza passiva che costituisce il motore narrativo del romanzo. Probabilmente dal punto di vista della trama e della costruzione dei personaggi molte sono le mancanze del libro, che appare talvolta un po' confuso e talvolta un po' incerto su cosa mettere davvero in primo piano. Tuttavia lo sfondo distopico è formidabile, e oggi ancora più significativo se si pensa che il primo romanzo è stato pubblicato addirittura nel 1952. Sulla prepotenza della pubblicità come fondamento del mondo del consumo illimitato ci sarebbe immenso spazio oggi per narrare efficacemente. Questo di Frederik Pohl è solo una felice anticipazione.

 

William Gibson, NEUROMANTE 1984

Universalmente considerato il fondatore del cosiddetto cyberpunk un filone cupo e pessimistico della fantascienza , Neuromante (1984) è il suo primo romanzo e quello che lo ha reso celebre, e è stato poi seguito da altri due romanzi: Giù nel ciberspazio (Count Zero, 1986) e Monna Lisa Cyberpunk (Mona Lisa Overdrive, 1988)   così da formare la  Trilogia dello Sprawl. Con quest’ultimo termine l’autore indica, un'immensa area metropolitana che si estende lungo la costa Est degli Stati Uniti, da Boston ad Atlanta, un ambiente degradato, dominato dallo strapotere delle multinazionali, dalla mercificazione del corpo,  che può essere sottoposto a ogni tipo di modifica, di correzione, di integrazione, da parte di una medicina che non ha più alcun legame con la salute ma solo con la mercantile produzione di un essere umano di secondo livello, cyber, modificato, connesso, aumentato.

 

Carl Sagan,  Contact 1985

 

Pubblicato nel 1985, Contact è un romanzo di fantascienza scritto dall'astronomo e divulgatore scientifico Carl Sagan. Ne è stato tratto anche un film pur pregevole ma privo della complessità affascinante del romanzo.

Il libro esplora il tema del primo contatto con una civiltà extraterrestre, affrontando al contempo questioni filosofiche, scientifiche e religiose legate all’esplorazione dell’universo e al significato dell’esistenza umana.

 

La storia segue Ellie Arroway, una brillante astrofisica e radioastronoma che lavora al progetto SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence), dedicato alla ricerca di segnali radio di origine aliena. Ellie è una scienziata determinata e anticonformista, spinta dalla passione per la conoscenza e dal desiderio di esplorare il cosmo.

Durante un'osservazione con un radiotelescopio, Ellie e il suo team rilevano un segnale proveniente dalla stella Vega, distante circa 26 anni luce dalla Terra. Il segnale contiene un messaggio estremamente complesso:Numeri primi, che ne confermano l'origine intelligente. Ma c’è anche una trasmissione video contenente il primo discorso televisivo mai trasmesso: un discorso di Adolf Hitler in occasione delle Olimpiadi di Berlino del 1936. Questo sconvolge l'opinione pubblica, ma gli scienziati spiegano che il segnale è stato semplicemente "rimandato indietro" dagli alieni.

Dopo un lungo indagare si comprende che il messaggio contiene il progetto di una macchina misteriosa, probabilmente un veicolo capace di trasportare esseri umani verso Vega.

Dopo un acceso dibattito tra scienziati, politici e religiosi, viene deciso di costruire la macchina, finanziata da un consorzio internazionale. Cinque persone vengono selezionate per compiere il viaggio, tra cui Ellie.

Una volta attivata, la macchina trasporta il gruppo attraverso una rete di cunicoli spaziali (wormhole) fino a un sistema alieno. Qui, Ellie ha un incontro con una civiltà avanzata, ma gli alieni assumono le sembianze dei suoi cari defunti, per facilitare la comunicazione.

Le creature non forniscono risposte definitive, ma suggeriscono che l'universo sia popolato da molte civiltà e che il vero scopo dell’esistenza umana sia continuare a cercare e comprendere. Gli alieni rivelano inoltre che nella struttura matematica dell'universo esiste un messaggio nascosto, lasciato forse da un’intelligenza ancora più antica.

Dopo l’esperienza, Ellie e il suo gruppo vengono riportati sulla Terra. Tuttavia, si rendono conto che per gli osservatori terrestri il viaggio è durato solo pochi secondi, mentre per loro è trascorso molto più tempo. Inoltre, le registrazioni della missione risultano vuote, facendo sì che molti ritengano la loro esperienza un’allucinazione o un inganno.

Nonostante la mancanza di prove tangibili, Ellie è convinta della verità della sua esperienza e continua a cercare risposte, rimanendo fedele al suo spirito scientifico.

 

Carl Sagan  CONTATTO  1985

Fra i molti temi principali del romanzo vi è quello del rapporto fra scienza e. fede, quello tra razionalità scientifica e credenze, e vi si  sottolinea che entrambe cercano risposte agli stessi misteri fondamentali.

Il tema dell’esistenza di altre civiltà e della possibilità di vita extraterrestre viene affrontata con un approccio realistico e scientifico, basato sulle conoscenze astronomiche.

 Il romanzo esalta il desiderio umano di conoscere e comprendere, suggerendo che la vera essenza dell’intelligenza sta proprio nella continua esplorazione.

La matematica, infine, viene presentata come la chiave per la comunicazione tra specie diverse.

Contact è un romanzo che unisce avventura, speculazione scientifica e riflessioni filosofiche, offrendo una visione affascinante della possibilità di un primo contatto con una civiltà extraterrestre. Carl Sagan, con il suo stile rigoroso ma accessibile, ci invita a guardare al cielo con meraviglia e a non smettere mai di porci domande.

 

 

Ian Banks PENSA A FLEBA 1987


 “Pensa a Fleba” (titolo originale: “Consider Phlebas”) è un romanzo di fantascienza scritto da Iain M. Banks, pubblicato nel 1987. È il primo libro del ciclo della Cultura, una serie di romanzi ambientati in un futuro lontano dove una società avanzata, chiamata la Cultura, una civiltà ultratecnologica, è in guerra con l’Impero Idirano.

 La trama segue le avventure di Bora Horza Gobuchul, un mutaforma che lavora per gli Idirani. Durante la guerra, una nave della Cultura viene distrutta, ma la sua intelligenza artificiale, chiamata “Mente”, riesce a salvarsi e a nascondersi su un pianeta controllato dai Dra’Azon, entità potentissime e misteriose.

Horza viene incaricato di recuperare la Mente, ma la sua missione si complica quando viene catturato da una nave di mercenari. Dopo una serie di avventure e scontri, Horza e il suo equipaggio raggiungono il pianeta dove è nascosta la Mente, affrontando numerose sfide lungo il percorso.

Certamente, ecco una sintesi di "Pensa a Flleba" di Iain M. Banks, cercando di catturare l'essenza di questo romanzo complesso e sfaccettato:

  Banks affronta questioni complesse come il libero arbitrio, la natura del bene e del male, e il ruolo della tecnologia nella definizione della moralità.  Banks esplora la natura della coscienza e l'intelligenza artificiale, ponendo domande sulla nostra stessa umanità.

 Lo stile di Banks è caratterizzato da una prosa elegante e ricca di dettagli, che crea un mondo vivido e credibile. L'autore mescola elementi di filosofia, psicologia e sociologia, creando un romanzo che è tanto un'opera di fantascienza quanto una riflessione sulla condizione umana.

 L'universo della Cultura è certamente uno dei più originali e complessi della fantascienza moderna. La lettura è coinvolgente: "Pensa a Flleba" è un romanzo che stimola la mente e l'immaginazione. Ma al contempo "Pensa a Flleba" è un romanzo complesso e sfaccettato, che richiede una certa attenzione da parte del lettore. Tuttavia, per chi ama la fantascienza e la riflessione filosofica, è un'opera imperdibile.

 

 

Neal Stephenson  SNOW CRASH  1992

 Neal Stephenson è uno scrittore americano noto per i suoi lavori di narrativa speculativa. Influenzato da autori come William Gibson, Bruce Sterling e Philip K. Dick, i suoi romanzi sono stati classificati come fantascienza, fiction storica, cyberpunk, postcyberpunk e barocco. Stephenson attraverso le sue opere esplora temi come la matematica, la tecnologia, la società e la storia. Ha ricevuto numerosi premi letterari, tra cui il Locus Award per il miglior romanzo di fantascienza, l'Hugo Award per il miglior romanzo e l'Arthur C. Clarke Award.

Snow Crash è un romanzo di fantascienza cyberpunk pubblicato nel 1992.

 La storia si svolge in un futuro distopico in cui il mondo reale e il mondo virtuale si fondono insieme. Le entità statali sono ormai sorpassate e l’America risulta divisa in piccole zone di fatto dominate da gruppi privati o organizzazioni malavitose. La vita si svolge sempre su due piani paralleli, la vita reale e il Metaverso, ovvero la realtà virtuale. (Il Metaverso, concetto e idea di cui oggi Mark Zuckerberg cerca di  appropriarsi, ha proprio in queste pagine il suo punto d’origine. È una nozione che nasce dunque dalla fantascienza e si riferisce a un'ipotetica versione dell'Internet come un unico, universale e immersivo mondo virtuale. È un concetto che coinvolge l'uso di tecnologie come la realtà virtuale e la realtà aumentata per creare un ambiente digitale in cui le persone possono interagire tra loro e con oggetti virtuali. Il Metaverso è costituito da una serie di spazi digitali condivisi in cui le persone possono socializzare, imparare, lavorare e giocare insieme. Gli utenti possono creare avatar digitali che li rappresentano e interagire con gli altri attraverso di essi.

 Il protagonista del romanzo è Hiro Protagonist, un "Deliverator" che consegna pizze in una società dominata da grandi corporazioni.

Hiro si imbatte in un virus chiamato Snow Crash che può infettare sia il mondo virtuale che il cervello umano, causando effetti devastanti.  Insieme a una giovane skateboarder di nome  Y.T., Hiro si imbarca in una missione per sconfiggere il virus e scoprire la verità dietro di esso. Nel corso della storia, vengono esplorati temi come la tecnologia, la società, la religione e la natura della realtà stessa.

 Snow Crash è oggi considerato un classico del genere cyberpunk e ha influenzato molti autori successivi. Da appassionato di fantascienza che, lo confesso a rischio di inimicarmi molti lettori di LDFO, non prova particolare simpatia per questo particolare genere, non posso che riconoscere la ricchezza del testo, la scioltezza del linguaggio, mai banale e sempre un po’ sopra le righe, ma ciò che, lo dico apertamente, mi indispone di fronte a queste letture,  che pure riconosco a tratti appassionanti, è il sapore di grande fumetto. La descrizione dei personaggi, degli oggetti, dei costumi, dei mezzi di trasporto corrispondono ad una graphic novel alla quale manca soltanto il disegno. Immagino che molti troveranno tutto questo eccitante, io non altrettanto, la mia sensazione è che la ricostruzione di un mondo distopico dove il capitalismo più selvaggio ha vinto su ogni fronte, devastato dagli interessi, dalla violenza, dalla sopraffazione dei deboli ad opera di coloro che hanno il potere, immagine che è sempre opportunamente sullo sfondo della narrazione, viene però oscurata e resa debole dalla esagerazione dei particolari.

 

 

 Kim Stanley Robinson     ROSSO DI MARTE   1992

 Ad alcuni il confine tra fantascienza e distopia appare piuttosto labile, e probabilmente un romanzo come "Rosso di Marte" (1992) di Kim Stanley Robinson, potrebbe essere visto come esempio di simile ambiguità. Vi troviamo infatti tutti gli elementi più caratteristici della fantascienza classica, colonizzazione di un pianeta, Marte, tecnologia futuristica, robot, viaggi spaziali e via dicendo. In realtà, a mio avviso, al di là degli elementi fantascientifici, si tratta proprio di un esempio di Distopia. Tutto il succo della narrazione, infatti, consiste nelle trasformazionidi una comunità che vive il compito comune di colonizzare il pianeta replicando le tipiche divisioni umane tra partiti, fazioni, appartenenze politiche e geografiche, progetti contraddittori, prospettive incompatibili, e di conseguenza atti di terrorismo, inganni, morti violente. Assistiamo alle diverse parabole di personaggi complessi, protagonisti e antagonisti sono portatori di verità parziali, non ci sono né buoni né cattivi, c'è solo la rappresentazione molto amara della difficoltà che caratterizza la specie umana di avere obiettivi comuni e condivisi. Una narrazione distopica a pieno titolo, dunque.

 

Kim Stanley Robinson  LA COSTA DEI BARBARI 1984

La costa dei barbari è il primo libro (pubblicato nel 1984) della trilogia delle tre Californie (che comprende anche Costa delle palme e Pacific Edge del1988) scritta da Kim Stanley Robinson autore divenuto poi celebre per l’altra sua trilogia, quella dedicata a Marte (Rosso di Marte, Blu di Marte, Verde di Marte (pubblicati fra il ’92 e il ’96).

 La storia si svolge in un futuro prossimo, in una California post-apocalittica dove la tecnologia è stata abbandonata e la società è divisa tra diverse comunità e soggetta al dominio dei Giapponesi.

 Il protagonista, nonché voce narrante,  è Henry "Hank" Fletcher, un adolescente che vive nella comunità della valle di San Onofre, sulla costa del Pacifico.

La trama ruota attorno alla proposta di alleanza anti-giapponese avanzata da San Diego a San Onofre, che divide la comunità tra gli anziani contrari e i giovani favorevoli. Un evento sanguinoso segnerà il culmine tragico della vicenda e l’ingresso nella vita adulta del gruppetto di adolescenti protagonisti della storia.

Il romanzo esplora temi come la politica, l'ecologia e la sopravvivenza in un mondo post-tecnologico. Attraverso la narrazione, l'autore dipinge un quadro affascinante e realistico di una California futuristica e delle sfide che le persone devono affrontare per adattarsi a un nuovo modo di vivere.

 La narrazione di Kim Stanley Robinson è sempre piuttosto lenta e a tratti faticosa. Non si dilunga più di tanto sugli antefatti, o sui dettagli della guerra nucleare che ha portato gli Stati Uniti alla distruzione. Appare piuttosto interessato ad approfondire i caratteri e le situazioni morali dei personaggi, e a far emergere i contrasti tra diverse visioni del mondo, non solo tra giovani e anziani, ma anche tra diverse attitudini, alla sopportazione o al combattimento. L’ingenuità del giovane protagonista si scontra con le menzogne e gli inganni degli altri, dei collaborazionisti, degli astuti mercanti, gli “sciacalli”.

In questa terra regredita alla pura sopravvivenza, singolare e interessante appare il ruolo di Tom il vecchio saggio che ancora conserva la passione per i libri, oggetti quasi scomparsi, e la scrittura che insegna anche al protagonista. In un mondo deprivato, fatto di piccole comunità isolate di sopravvissuti, il racconto, la narrazione, il raccontar storie, anche se inventate,  è un valore aggiunto che non può essere dimenticato. Alla fine però resta un interrogativo inquietante: davvero è questo il futuro che stiamo preparando nel nostro presente?

 


 Kim Stanley Robinson  IL MINISTERO PER IL FUTURO   2020

 Il Ministero per il futuro (pubblicato nel 2020 tradotto da Francesco Vitellini per Fanucci nel 2022 ) è un formidabile romanzo di Kim Stanley Robinson, il quale dopo averci affascinato con la trasformazione di Marte nella celebre trilogia Il rosso di marte, Il verde di marte e Il blu di Marte, qui si addentra nella tematica più urgente, quella della devastazione del pianeta per via della mutazione climatica.

 C’è un motivo conduttore, ed è la storia congiunta di Mary Murphy, una giovane donna nominata Ministro di  un nuovo organismo per la difesa di tutte le creature viventi presenti e future,  Il Ministero per il futuro. L’organismo è guidato da Mary e si occupa di affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici e delle catastrofi ambientali. Al contempo fin dal primo capitolo seguiamo la storia drammatica di Frank May unico sopravvissuto di una spaventosa ondata di caldo in India che ha provocato migliaia di morti.

Ma la caratteristica forse più d’impatto del libro è l’alternarsi di capitoli con narratori diversi, ora i protagonisti ora persone qualunque, migranti, ospiti dei centri di accoglienza, e persino un fotone, oppure la Storia stessa.

Altri capitoli contengo invece riflessioni assai sottili su questioni di ordine economico o sociopolitico o storico, perché la prospettiva dell’autore è non solo una prospettiva corale ma soprattutto una prospettiva globale. Ci mostra insieme il rischio della devastazione e la possibilità futura di salvarsi da essa. Particolarmente affascinanti i capitoli dedicati al salvataggio dei ghiacciai attraverso delle complesse operazioni di aspirazione delle acque sottostanti.       

Ma inquietante è certamente l’idea che si fa strada un po’ alla volta che non sia possibile una vera svolta, che non si possa impedire il disastro se non attraverso un passaggio violento. Il romanzo infatti parla anche, se pur non concedendogli troppo spazio, di una rete terroristica che abbatte aerei carichi di passeggeri e navi portacontainer per protesta contro le emissioni di carbonio, oppure uccide i ricchi detentori del potere economico e industriale restii a qualsiasi operazione di salvataggio che possa mettere in pericolo i propri profitti.

 Ci sarebbero molte questioni importanti da sottolineare di fronte a questa complessa narrazione, tuttavia ce n’è almeno una che vorrei sottolineare: Stanley Robinson coglie davvero nel segno quando ci mostra, e non è sempre piacevole, quanto vari e articolati siano i meccanismi della trasformazione. In questo modo supera ampiamente ogni ecologismo ingenuo, e ci mostra che una vera lotta alla CO2 passa in realtà da un superamento organico del capitalismo, che non significa per lui un ritorno a formule stantie già sperimentate e fallimentari ma piuttosto da pratiche innovative, solidaristiche e cooperative, finanziarie (spiega lungamente l’esigenza della emissione di carboncoin una nuova moneta garantita dalle Banche centrali delle maggiori potenze, ed ecco il secondo aspetto: non se ne esce da soli, i fenomeni che stanno portando il pianeta alla distruzione   sono globali ed esigono iniziative globali coordinate fra tutte le potenze, grandi e piccole, singolare è il ruolo che egli assegna per esempio all’India in questo processo.

Ancora da osservare come l’autore passi con grande scioltezza da una prospettiva globale a quella individuale soprattutto, ma non solo, dei due protagonisti, della loro storia personale e del loro destino come a dire che non si può sorvolare come spesso fanno gli ideologi sulla realtà delle persone nella sua concretezza e drammaticità, la grande Storia è fatta anche di piccole storie.

In conclusione non posso che ribadire la mia sensazione che si tratti davvero di una grande lettura, che merita assolutamente lo sforzo delle oltre 500 pagine e soprattutto che si tratti di uno di quei libri che restano nell’immaginario collettivo e che possono nutrire la nostra speranza per un futuro diverso da quello che ci si prospetta.

 

 James Ballard,  IL MONDO SOMMERSO    1962

 Pubblicato nel 1962, Il mondo sommerso (The Drowned World) appartiene alla primissima stagione di James Ballard e per la precisione a quella tetralogia catastrofica che contiene anche Vento dal nulla, Terra bruciata e Foresta di cristallo. Sono i romanzi con cui Ballard getta le fondamenta di un percorso personale di revisione del genere fantascientifico virando verso la dimensione distopica che mette in scena la prevedibile devastazione futura del pianeta. Nel caso de Il mondo sommerso il contesto è quello di un mondo trasformato in una immensa palude dall’innalzamento del clima e conseguente aumento del livello dei mari e delle piogge. La popolazione umana sopravvissuta si è trasferita sempre più a nord in cerca delle ultime terre asciutte. Il protagonista Robert Kerans è un ricercatore al seguito di una squadra, guidata dal colonnello Riggs, con il compito di studiare quello che resta delle città sommerse. Il gruppo vive ai piani alti dei palazzi e lotta con temperature insopportabili e i violenti raggi solari.

L’ambiente circostante appare sempre più invivibile, trasformato progressivamente in una giungla selvaggia popolata di coccodrilli e di iguane. Quando la squadra riceve l’ordine di andarsene Kerans e altri due si rifiutano di abbandonare le loro postazioni e restano soli in quell’ambiente malsano e invivibile, nutrendosi di carne di iguana e subendo progressivamente un processo di regressione a una condizione primitiva corrispondente alla regressione subita dall’ambiente dove ormai dominano liane, alghe e rampicanti.

L’arrivo di un gruppo di balordi guidati da uno psicopatico ricercatore di tesori abbandonati è il culmine della tragedia per il protagonista, torturato e quasi ucciso. Salvato in extremis dal ritorno della squadra di Riggs, Kernas deciderà infine di andarsene verso sud sapendo di non avere alcuna possibilità di sopravvivenza ma tenacemente aggrappato all’idea che un mondo vivibile possa esistere.

 “Così, abbandonò la laguna e si addentrò nuovamente nella giungla. Nel giro di qualche giorno si perse completamente, seguendo le lagune che si susseguivano verso sud nella pioggia e nel calore sempre più intensi, attaccato dagli alligatori e dai pipistrelli giganti, un secondo Adamo alla ricerca dei paradisi dimenticati del sole rinato.”

Ritroviamo qui il Ballard ossessivo e claustrofobico che abbiamo imparato a conoscere da tanti romanzi. Lo sua visione è sempre quella pessimistica di chi non vede mai uno spiraglio di luce nella tenebra. Forse l’elemento simbolico decisivo in tutto il libro è proprio il sole, responsabile con le sue tempeste del violento innalzamento della temperatura, e anche fonte di raggi pericolosi, di radiazioni mortali; allo stesso tempo è la presenza costante in tutta la narrazione, ciò con cui i sopravvissuti si confrontano continuamente. Fonte della vita e ragione di morte. Padrone del destino dell’uomo. E forse anche motore di una regressione della vita verso il caos primigenio dove forze brutali e mostruose s’impegnano a spazzare via ogni sogno umano di ordine e di civiltà. 

 

James Ballard, UN GIOCO DA BAMBINI   1988

 Un delitto spaventoso, trentadue persone uccise e tutti i figli, tredici adolescenti, rapiti. Il fatto è accaduto in un Villaggio Residenziale ultramoderno, abitato solo da ricchi londinesi, consiglieri d’amministrazione, finanzieri, magnati con le loro splendide famiglie. È un luogo superprotetto, isolato, guardato a vista da sorveglianti e controllato da videocamere che filmano tutto quello che succede. A maggior ragione non si comprende come sia stato possibile un simile massacro se non a fronte di una organizzazione criminale molto potente e pericolosa, magari sostenuta da qualche potenza straniera. Ben presto tuttavia il protagonista, un consulente psichiatrico, comincia a sospettare che i responsabili siano proprio i ragazzi. E la conferma avviene quando la più piccola, ha solo otto anni, ritrovata in stato di choc,  viene rapita dall’ospedale da altri due del gruppo.

Il protagonista allora, può far luce sull’intera faccenda. Il racconto a questo punto indulge su un  analitico, dettagliato rendiconto del massacro che i ragazzi hanno compiuto ai danni dei loro genitori e di tutto il personale presente al Villaggio in quel momento.

Ciò che resta oscuro fino alla fine è il movente. Ma è proprio su questo che Ballard fa ricadere il senso di tutta la sua narrazione.

Sappiamo che lo scrittore inglese nella parte più matura della sua produzione ha intrapreso una sua battaglia personale contro la ricca borghesia inglese, per il suo egoismo, la sua indifferenza, la sua presunzione di rappresentare i mondo, la sua protervia rispetto alla sofferenza, alla povertà, all’ingiustizia.

Anche qui Ballard sembra farsi gioco delle isteriche paure che spingono la classe privilegiata a rinchiudersi in luoghi protetti e sorvegliati per difendersi dall’attacco della miseria, dai disperati che chiedono giustizia. Ma difendersi dal mondo esterno non basta, se poi si finisce per coltivare un nemico al proprio interno. Un seme di autodistruzione che prima o poi comincerà a germogliare con esiti spaventosi, come in questo caso.

Una frase di Ballard è rivelatrice: “In una società totalmente sana, l’unica libertà è la follia.” Così è per questi ragazzi imprigionati in un universo perfetto nel quale però risultano privati della possibilità di manifestare i propri sentimenti più profondi e di reagire a quelli altrui.

Nella parte finale Ballard sembra addirittura scoprire in questo conflitto psicologico l’origine soggettiva del terrorismo degli anni ottanta/novanta. 

È il caso di precisare in che modo il romanzo può essere collocato nel novero della distopia pur essendo apparentemente centrato su un fatto di cronaca. L’apparenza realistica, infatti, viene cancellata dall’enormità del fatto e soprattutto non si può non vedere che Ballard anche qui sta costruendo in realtà un mondo presente per il futuro, sta cioè portando alle estreme conseguenze una contraddizione del nostro presente, immaginandone uno sviluppo per il futuro. E ha ragione. Il romanzo, scritto nell’88, sembra infatti cogliere bene la deriva di un mondo in cui le disuguaglianze e le ingiustizie sociali non vengono né affrontate né risolte, ma anzi spingono i privilegiati a proteggersi, a isolarsi, a distaccarsi, creando così una netta separazione di mondi quasi impenetrabili l’uno all’altro. E al contempo spinge i diseredati a cercare giustizia in modo sempre più disperato E la disperazione, si sa,  produce follia.

 

 James Ballard   TUTTI I RACCONTI  1992

 Tra gli ineludibili per chi ama la distopia, c'è James Ballard. Per me è un riferimento sicuro, una certezza, e in particolare io amo i suoi racconti, dove credo esprima il meglio delle sue possibilità di narratore. Ne ha scritto molti, oggi sono leggibili in italiano nei tre volumi pubblicati da Feltrinelli, in particolare vorrei segnale il terzo volume, che raccoglie i racconti pubblicati tra 1969 e 1992, fra essi alcune perle come "Vita e morte di Dio" dove si mostrano le inaspettate conseguenze della prova scientifica dell'esistenza di Dio, oppure "Il sorriso" sul tema dell'androide, o "L'enorme spazio" sul tema della solitudine. Ma ogni racconto in fondo è una sorpresa e insieme un pugno allo stomaco.

 

 James Ballard  IL PARADISO DEL DIAVOLO   1994        

Nel romanzo "Il paradiso del diavolo" (1994) lo scrittore britannico James Ballard, uno dei padri indiscussi della distopia, guida il lettore attraverso un racconto che alla prima apparenza sembra la cronaca di una avventura ecologista guidata da una dottoressa idealista che si getta con tutta se stessa nella difesa degli albatros in una isola del Pacifico dove i francesi vorrebbero fare degli esperimenti nucleari. Tutto il romanzo però è visto dalla prospettiva di un adolescente attratto dall'avventura e dalla dottoressa. Un piccolo gruppo di attivisti riesce dunque a impadronirsi dell'isola e avvia una sorta di comunità alternativa, ecologica, in sintonia con la natura e dedita alla conservazione di specie animali in via d'estinzione. peccato che la specie che in quella piccola comunità rischia di esitinguersi sia quella del genere maschile. La parte finale del libro segue le allucinazioni della dottoressa e porta il lettore al solito amaro panorama di contraddizioni irrisolvibili cui Ballard ci ha abituato. Un particolare: impossibile individuare un personaggio positivo. Ognuno è portatore della propria oscurità. Grande lezione.

 

Ursula Le Guin  Il mondo di Rocannon  1966

 Il romanzo, pubblicato nel 1966, è il primo libro del ciclo dell'Ecumene e si svolge in un contesto di fantascienza che mescola elementi di avventura e antropologia. Il romanzo racconta  la storia di Gaverel Rocannon, un etologo della Lega di Tutti i Mondi, bloccato sul pianeta Fomalhaut II (chiamato anche Rocannon in suo onore dopo la sua morte). La sua astronave viene distrutta da una fazione ribelle nemica della Lega, e i suoi compagni uccisi.

Rocannon si ritrova solo su un mondo con tre diverse razze umanoidi in uno stadio di sviluppo simile all'età del bronzo o al medioevo terrestre: i sotterranei Gdemiar, gli eterei Fiia amanti della luce e i guerrieri Liuar divisi in clan.

Senza possibilità di comunicare con la Lega, Rocannon intraprende un lungo e pericoloso viaggio attraverso il pianeta, accompagnato da alcuni leali compagni Liuar, tra cui Mogien. Il suo obiettivo è raggiungere l'unica base nemica dotata di un "ansible", un dispositivo di comunicazione a velocità superiore a quella della luce, per avvertire la Lega della presenza dei ribelli.

Durante il suo viaggio, Rocannon, grazie alla sua tuta tecnologica che lo rende quasi invulnerabile alle armi locali e alla sua conoscenza superiore, compie imprese che lo fanno diventare una figura leggendaria tra gli abitanti del pianeta, tanto da essere soprannominato "Signore delle Stelle".

Rocannon stringe forti legami con i nativi, imparando le loro culture e usanze. Alla fine, riesce a comunicare con la Lega, che interviene sconfiggendo i ribelli. Tuttavia, Rocannon, ormai profondamente legato a questo mondo, decide di rimanervi fino alla fine dei suoi giorni, diventando parte integrante della storia e delle leggende di Fomalhaut II.

Il tema principale è dunque quello di una Missione Antropologica: Rocannon è incaricato infatti di studiare le varie razze umanoidi che abitano il pianeta. La sua missione è quella di comprendere le culture e le società di queste razze.

Durante il suo soggiorno, Rocannon si trova coinvolto in un conflitto tra le diverse razze e deve affrontare numerose avventure. La sua esperienza lo porta a esplorare non solo il pianeta, ma anche le complessità delle relazioni interspecie.

Il romanzo affronta temi come l'identità, la diversità culturale e la comprensione reciproca. Rocannon, attraverso le sue interazioni, scopre l'importanza della comunicazione e della connessione tra le diverse forme di vita. Alla fine, Rocannon deve fare delle scelte difficili che influenzeranno non solo il suo destino, ma anche quello delle razze che ha studiato.

Il romanzo esplora temi come l'incontro tra culture diverse, l'impatto della tecnologia su società meno avanzate, la nascita del mito e la relatività del tempo nei viaggi interstellari. Anche se l’impianto fantascientifico tende a scivolare pericolosamente verso il fantasy, cosa che mi infastidisce sempre, resta un testo molto leggibile e per niente superficiale.

 

 

Ursula Le Guin, I REIETTI DELL'ALTRO PIANETA 1974

I reietti dell’altro pianeta (1974) è probabilmente uno dei romanzi di fantascienza più potenti che abbia mai letto. Certo lo stile è talvolta pesante, anche perché imita i modelli delle antiche utopie, e infatti il sottotitolo è appunto “Un’ambigua utopia”, e quindi si dilunga in descrizioni, in discussioni teoriche, in digressioni. Ciò rende la lettura talvolta abbastanza faticosa. Ma il premio alla fine è grandioso.

Dato l’impianto descrittivo la trama è di fatto piuttosto semplice: un matematico, Shevek, abitante del pianeta Anarres decide di spostarsi sul pianeta Urras. I due pianeti appartengono allo stesso sistema solare ma sono assai diversi fra loro.

Gli abitanti di Anarres sono infatti i discendenti di un gruppo di lavoratori di Urras che un paio di secoli prima decisero di andarsene da Urras e dalla vita di sfruttamento e ingiustizia che vi domina, per costruire una società nuova e giusta.

Ora infatti i due pianeti si distinguono proprio per questo: su Urras domina una società capitalista, e una condizione di liberismo assoluto dominato dal profitto e dal denaro ma anche da una profonda ingiustizia sociale. Su Anarres invece si è inaugurata una società che l’Autrice definisce “esperimento di comunismo non autoritario”, di fatto una grande comune anarchica, priva di governo centrale, priva di leggi oppressive priva di padroni e di servi e soprattutto di proprietà.

Tuttavia Shevek è deluso dall’atteggiamento degli Anarresiani che rifiutano contatti e scambi con i popoli degli altri pianeti, coltivando un isolamento ossessivo e gli impediscono di pubblicare una grande ricerca intorno alla questione del tempo non lineare.

Shevec attratto dalla curiosità di scoprire l’altro mondo e insieme dalla volontà di rendere note le sue scoperte, che potrebbero rivoluzionare il modo di comunicare nell’universo tra popoli lontani, riesce a raggiungere il pianeta Urras dove viene accolto generosamente nella speranza di sfruttare le sue scoperte ma insieme viene attentamente controllato e quasi imprigionato.

Ben presto Shevek si rende conto che la ricchezza, il benessere la bellezza, l’opulenza di Urras nascondono in verità lo sfruttamento, la povertà, l’ingiustizia per una parte della popolazione. Si trova così, dopo molti tentennamenti, a  partecipare a una rivolta degli sfruttati di Urras che viene sedata nel sangue dalle forze governative. Riesce tuttavia a salvarsi dal massacro e a raggiungere l’ambasciata del popolo della Terra che lo aiuterà a tornare a Anarres.

I capitoli si alternano seguendo Shevek di volta in volta sui due pianeti e quindi mostrando i due diversi modelli di vita senza per altro indulgere in una distinzione netta tra Bene e Male e tantomeno in una metafora superficiale ove si intraveda la banale contrapposizione tra mondo capitalista e mondo comunista. Le Guin  evita con maestria il pericolo di avvitarsi in una apologia demagogica dell’una o dell’altra. Non troveremo né  contrapposizioni manichee tra libertà e giustizia sociale, né esaltazione dell’una a danno dell’altra anche se è ben chiara la prospettiva dell’Autrice. Forse è proprio questa la forza intima del romanzo che ci propone due utopie contrapposte facendo apparire in entrambi i casi anche le difficoltà, le fatiche, le sofferenze dell’esistenza, sia sul pianeta ricco che su quello povero.

La critica del potere che è certamente il motore della narrazione non è né superficiale né faziosa, è piuttosto ampiamente problematica, e ci mostra magnificamente la complessità che caratterizza la nostra esistenza, nel modello della famiglia, nei rapporti tra i sessi, nel ruolo della donna, nelle tematiche del lavoro.

L’ambigua utopia non si presta a diventare modello di società perfetta come accadeva alle utopie classiche ma certo ci impone di riflettere in profondità su tutti gli aspetti della nostra vita.

 

Josè Saramago   CECITA'   1995

Capolavoro assoluto del premio Nobel portoghese Saramago questo Saggio sulla cecità (come recita il titolo originale), rappresenta una incredibile e impietosa analisi di quel che succede agli esseri umani posti in una situazione estrema.  La vicenda inizia quando improvvisamente tutti  diventano ciechi. Questa situazione porta non solo al crollo della società ordinata, ma anche all'emergere di conflitti, violenze, sopraffazioni, soprusi. I peggiori e i migliori si confondono, la ragione e il torto non sono più facilmente distinguibili, lo spirito di sopravvivenza porta all'annientamento delle regole morali e dei valori etici. Scritto con il suo stile inconfondibile il romanzo cattura fina dalla prima pagina, difficile staccarsene.

 

Robert Sawyer   AVANTI NEL TEMPO   (1999)

Il romanzo di Robert Sawyer "Flash Forward - Avanti nel tempo" (1999) non è sempre facile da leggere, perché più di quanto avvenga di solito nei romanzi di genere fantascientifico o distopico, qui l'autore si lascia spesso andare a considerazioni tecniche intorno alla natura del tempo e alla fisica delle particelle, considerazioni per altro davvero ben informate e aggiornate che aiutano però il lettore a prendere sul serio la vicenda impossibile che vi è raccontata, quella di un "salto in avanti" nel tempo, una esperienza che vive tutta l'umanità a seguito di un esperimento al CERN di Ginevra che ha dato esiti inaspettati.

Da qui si dipana tutta la complicata serie di conseguenze che il conoscere un momento, tre minuti per l'esattezza, della vita futura può provocare nelle persone. Ora, il tema della piega temporale non è né nuovo né originale in questa letteratura, ma certamente il modo in cui Sawyer lo tratta è invece davvero appassionante e splendidamente verosimile. La storia poi si intrica e si tinge di giallo quando uno dei protagonisti cerca di sventare il suo stesso assassinio visto nella breve visione anticipatrice del futuro. Un romanzo che prende fin da subito e tiene incollati fino alla fine (non scontata). Da leggere sicuramente.

 

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